Si
dice che per essere schiacciati c'è bisogno di qualcosa che
schiacci. Dicono, a volte, che una volta schiacciati si devono
raccogliere i cocci tra le macerie. Ma poi, quali macerie? Quale
polvere? C'è polvere, il resto, quello che rimane, sul fondo di chi
ha un fondo. È il resto di chi ha avuto. Qualcuno, lí sotto, non ha
trovato niente dopo. Dopo che quel qualcosa, che schiaccia e che non
esiste, è passato e se ne è andato. Il problema, quello che davvero
bisognerebbe chiedersi è: se il peso non c'è e comunque ti
schiaccia, se la polvere non c'è e comunque ci si sente cocci, il
colpevole chi è? Quello che sta sotto senza un motivo. Apparente,
suggeriscono. La colpa è di certo sua, concordano. Sembra che a
spingersi nel fondo, con il diavolo e gli uccelli, uno si logori
dentro. Si sta lí, senza motivo apparente, e si mangiano le parole.
Eppure, c'è chi giurerebbe, di aver sentito un uomo, lì sotto, dire
qualcosa vedendo qualcuno, in quel luogo vuoto. Lo ha detto con delle
parole che poi sono diventate la sua polvere. Non è lecito, a chi si
fa le spalle grosse per sorreggere quel peso inesistente, credersi
cavallo. No. Perché c'è sempre uno che sta sopra, che sta fuori dal
macigno. Ci sta sopra e si crede liberato. Per rispetto a quella
bugia chi sta sotto resta sotto e finge di sentirsi intrappolato. Per
lo stesso motivo, quello sopra, si pettina la criniera con la sua
faccia da uomo. Sotto, gli zoccoli preparano la polvere. Sopra, le
mani cercano di prendere l'aria. Ma poi, quale polvere? E chi è
quello la su? Allora il peso non c'è davvero se poi in fondo è così
facile guardare in su. Sembra, e soprattutto dicono, che quei due si
scambino continuamente parole. Parole, davvero. Cioè, che qualche
volta quello sopra mette da parte l'aria per cercare le macerie.
L'altro, in realtà, fa più fatica a trovare le sue mani in mezzo a
tutta quella bestialità primitiva a cui è costretto. Stando lì.
Volendoci stare. Però, quando finge di voler abbattere il muro,
lancia una parola in su, sperando di non vederla tornare giù. Mai più.
Scrivo perché non so parlare, suonare e nemmeno leggere con attenzione. Scrivo perché è l'unica cosa che so fare, altrimenti non farei nulla. Non so nemmeno leggere l'orologio, perdo davvero tanto tempo a provarci. Tutte le volte la lancetta va avanti e io non so starle dietro. Per stare al passo con i tempi, per partecipare attivamente a questo grande gioco contemporaneo, ho deciso di analizzare le cose con l'unico strumento a me congeniale: la scrittura, il salvagente nel mare delle cose.
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