Metti
caso che tu mi incontrassi e mi volessi da subito. Sai, una di quelle
cose che ti fanno perdere la testa improvvisamente, quelle cose che
succedono sempre agli altri e mai a te. Però questa volta succede a
te e non sai come comportarti. Vieni da me e mi parli di futuro, del
tuo per il momento perché non puoi dirmi che vorresti che fosse il
nostro, non mi conosci, non sai nemmeno pronunciare il
mio cognome. Quindi ti trovi in una di quelle situazioni in cui
saresti capace di scalare l'Everest e invece sei seduto su un
montarozzo di rifiuti tossici a far finta di starci comodo e a
lasciare che io mi convinca che anche tu sei la persona con cui
voglio stare. Poi magari non lo faccio, magari piano piano diventi
una sagoma senza contorno omologata a tutto il resto, magari avrei
voluto che il primo giorno mi avessi chiesto di vivere insieme.
Magari queste cose non succedono mai e sono soltanto invenzioni di
persone che invece di vivere hanno scelto di scrivere. Forse è
questo che ti spinge a scrivere quel mucchio di robaccia che accumuli
a casa. Scrivi per non fare, per non essere coraggioso e poter far
finta di non aver mai provato ad esserlo. Tanto finché stanno lì,
le tue righe, nessuno le vedrà mai e se mai qualcuno dovesse
trovarle puoi sempre dire che erano di un altro, che non lo sai, che
non c'entri niente.
Tra il dire e il fare, tra lo scrivere e il fare, c'è di mezzo un montarozzo di rifiuti tossici.
Tra il dire e il fare, tra lo scrivere e il fare, c'è di mezzo un montarozzo di rifiuti tossici.
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