È
questa la soglia tra la realtà e la finzione, è a questo punto che
dovrei ritrovarmi? Sbatto la testa più forte che posso. È tutto
vero? È tutto finto? Mi chiedo se davvero sto cercando te oppure se
questo è soltanto un modo per trovare me stesso, quello che non ho
mai avuto il coraggio di essere, quello che mi costringo a cercare.
Sbatto la testa perché voglio capire se è tutto vero e a quanto
pare lo è. Sembra che io stia davvero camminando verso qualcosa,
sembra che io sia qui, realmente. Le luci dei lampioni sbattono
contro la notte, il rumore della città scivola su di me e cerca di
scuotermi, lo fa perché ne sente il bisogno, perché il suono si
scaglia contro chi non sente rendendolo cosciente del suo problema,
suona forte per me che mi rifiuto di sentire. Comunque io non mi
muovo, perché non ho mai sopportato questo obbligo, questa necessità
di correre contro il tempo per acchiapparlo, infondo questo non mi ha
mai reso tranquillo. Alla fermata di un treno in una città che urla
non si vede nessuno, apparte una donna con un cappello rosso. Nel bar
in una via che non ha nome non c'è anima viva, apparte un vecchio
con una valigetta verde. Colori che sbattono, anime che scivolano.
Questa sera sono malinconico e forse è proprio per questo motivo che
non riesco a vedere e a sentire. Sono in preda ad uno stato d'animo
che porta in superficie solo le tonalità più accese, quelle che
hanno deciso di esserci senza motivo, quelle che stanno lì senza
chiedere il permesso. Quella donna e quel vecchio. Due inutili
schizzi di luce che non servono, ma ci sono. Forse se piovesse tutto
questo avrebbe più senso. Non trovarti rende le cose ancora più
interessanti, rende interessante addirittura la pioggia ed io l'ho
sempre odiata. Se in questo momento incominciasse a piovere mi
convincerei che esiste un linea che collega il mio umore al meteo e
allora mi sentirei importante come uno che guardando un quiz show in
televisione da la risposta giusta prima del concorrente, direi "vedete, io lo sapevo già". Che cosa ridicola. C'è a chi piace
la pioggia, chi ci sguazza dentro stringendosi in coperte di lana e
thè ai frutti rossi davanti a un film buio con qualche battuta senza
ironia. Ma a me non sono mai piaciuti, né i frutti rossi né tanto meno
le coperte di lana. A questo punto non mi ricordo nemmeno più perché sono partito. So chi sto cercando ma perché? Ho scelto il giorno,
il modo, il mezzo e il tragitto, deciso, convinto, anche in parte
entusiasta. Poi piano piano qualcosa si è persa per strada. Sono
quasi convito che questa mia decisione improvvisa sia stato un altro
atto di un incosciente egoista che prova a fare l'altruista. Ero
partito per te e adesso cerco me. È proprio questo che mi rende
infelice questa notte. Sono vuoto perché mi sto preparando a sentire
le parole della città. Per esempio, adesso, mi sembra di sentire il
treno che fischia, il vento ha fatto volare il cappello di quella
donna, il vecchio invece beve una grappa barricata mentre un uomo gli
porta via la valigetta. L'ho visto, l'ho sentito.
“...un sentimento semplicissimo, quello di essere al mondo, esistere, esserci, nient'altro" (R. Frank)
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