Una
sera avevo sentito la storia di un cantante di musica blues
scappato dall'America per andare a Parigi a cercar fortuna. Avevo
subito pensato che era una follia, che uno non può scappare dalla
terra dei sogni per andare in un posto dove di fortuna non la trovi
nemmeno a pagarla. Avevo deciso di cercarlo, volevo sapere se poi
alla fine ci era riuscito, se alla fine andarsene da un posto sicuro
per sfidarsi gli aveva portato dei buoni risultati. Avevo bisogno di
sapere se a qualcuno era andata bene per sperare, per incominciare a
farlo. Il cantante si chiama Adam e quella sera avrebbe suonato in un
piccolissimo pub semi sconosciuto. Avevo ragione io a pensare che era
stata una scelta sbagliata, a quell'ora se fosse rimasto a casa sua
avrebbe sicuramente fatto una vita più dignitosa piuttosto che essere
un sottopagato cantante da piano bar. Quella sera mi sono seduto in
un tavolino proprio davanti al palco e ho preso un bicchiere di vino.
Quando Adam ha iniziato a suonare la prima cosa che ho notato sono
stati i suoi occhi, sembravano vergognarsi. Cantava e sembrava voler
chiedere scusa a tutti per quella voce bellissima e per il suono della sua chitarra. Ipnotico. Guardandolo continuavo a chiedermi se l'avesse trovata la
sua fortuna. Ho aspettato fino alla chiusura del locale, perché dovevo chiederglielo, non me ne sarei potuto andare senza saperlo.
Adam
aveva l'aspetto di un uomo d'America, un pò trasandato e
riaggiustato. La sua voce era bellissima anche quando parlava, non
potevi far a meno di ascoltarlo ma più di tutto, aveva una storia e
aveva deciso di raccontarmela.
Si
accendeva una sigaretta dietro l'altra, quasi come fosse obbligato,
e ad ognuna di esse faceva sempre una piccola pausa, come se con loro
finiva anche il pensiero che mi stava esponendo.
:
"La Fortuna, l'hai trovata?" gli chiesi.
Adam
aveva sognato la fortuna, l'aveva vista in quei pomeriggi
cupi,l'aveva contemplata nelle sere d'estate, aveva creduto in lei.
Credeva, a differenza di molti, che il sacrificio glel'avrebbe fatta
conoscere. Per Adam la fortuna era una bella donna, una di quelle
intoccabili, una di quelle per cui aspetteresti tre vite, una di
quelle irraggiungibili, ma visibili. Non era fortunato, non lo era
mai stato. Tutto quello che aveva avuto, lo doveva a quella voce
rotta dal fumo, a qualcosa di non suo, qualcosa che aveva acquisito
con il tempo. Non aveva talento ma soprattutto non era fortunato, e
questo lo deprimeva. Suo padre Joe non avrebbe mai fumato, non
avrebbe nemmeno toccato una bottiglia di whiskey. Adam mi diceva che
suo padre non era un sognatore, che forse un sogno non l'aveva
proprio mai fatto o se mai l'avesse fatto non se lo sarebbe mai
ricordato, ma era un uomo ugualmente saggio e largo di vedute, a tal
punto che aveva permesso ad Adam di non fare il suo lavoro, di non
riempirsi le mani di calli come aveva dovuto fare lui.
La
sigaretta era finita, e con lei anche il momento dedicato a questo
primo pensiero. Gli succedeva sempre così. Quando fumava la sua
mente ripercorreva l' infanzia costringendolo a ripassare per la
strada di casa. Come se quel dannato pacchetto fosse il suo
psicologo. Alla fine di quella sigaretta, si era ricordato il perché del suo disprezzo verso le persone pazienti, verso tutti coloro che
sanno aspettare senza per questo sentirsi dei falliti. Il "tutto
e subito" di Adam non era dovuto ad una voglia spropositata di
arrivare nel punto prescelto e nemmeno alla fretta di avere qualcosa.
Adam non era paziente perché il tempo non lo era stato con zia
Lilly. Era il 18 novembre, le foglie non sembravano volersi staccare
dagli alberi, era una di quelle giornate in cui si può passeggiare
senza avere fretta. Adam era seduto sul muretto di casa sua, e
stranamente quel giorno aveva qualcosa da osservare. Dall'altra parte
della strada, quel giorno, Il vicino Jack aveva deciso di pitturare
lo steccato, e questo era molto strano. Erano anni che quella casa si
presentava nello stesso modo, bianca pallida,consumata, vecchia e
tutti ormai c'avevano fatto l'abitudine. Adam proprio non se lo
spiegava. Il verde della tintura lo infastidiva,non era pronto per un
cambiamento del genere, e non lo sarebbe stato mai più. Un'ora dopo,
Lilly, l'unica sorella di papà Joe, sarebbe morta. Adam avrebbe
voluto che quella casa fosse rimasta bianca perché inconsciamente
credeva che se le cose intorno a zia Lilly non fossero cambiate, non
sarebbe cambiata nemmeno lei. Joe quel giorno, e per tutti i 18
novembre che sarebbero venuti, si era seduto sul muretto accanto al
figlio, e insieme videro cadere le prime foglie. Così avevo capito.
Adam aveva bisogno di credere e di farlo subito perché tutto poteva
cambiare in un istante. Un giorno si era svegliato e aveva deciso che
quel paese non era più suo, che non era più disposto a sedersi su
quel muretto vedendo la sua vita passargli davanti. Sarebbe potuto
restare, ma aveva scelto di partire.
:
"Ho avuto l'impressione che ti vergognassi mentre cantavi.
Perchè?" gli chiesi.
Adam smise di fumare, mi guardò dritto negli occhi e
mi disse
:
"Chi è l'eroe, quello che resta o quello che se ne va?"
Mi
fece l'occhiolino e se ne andò.