sabato 30 settembre 2017

Soffia, scorre


Quando non ero preparata e il tuo fiato ha nutrito il mio, non c'erano scuse, non eravamo previsti.
Non erano stati rifatti i letti e al nostro arrivo nessuno ci aveva fatto trovare gli asciugamani puliti. Poi le stagioni sono passate veloci e tu sei rimasto lo stesso intorno a me ma non dentro. Come quando arriva la pioggia e se ne va subito. Resta l'odore ma non il bagnato. Così tu, profumo intenso e niente più. Quello che potevi, in modo silenzioso. Come quell'acqua che cade dal cielo che scompare e non fa in tempo a lasciare il segno. Ma qualcosa, resta. Così tu, nelle linee sottili che collegavano le nostre primavere e i nostri autunni, hai saputo colpirmi senza marchiarmi. Un segno leggero, la pioggia che non pesa sulla testa, e sul cuore. Nessuno sapeva cosa succedeva in quei letti lontani che accoglievano la nostra pelle. Nemmeno noi. Noi che non sapevamo di essere noi ma che non potevamo fare altrimenti. Noi che non sapevamo fare l'amore e abbiamo dovuto impararlo, teneramente, senza manuali. E quegli inverni, quelle estati senza tempo che ci hanno regalato i migliori vizi, le più grandi promesse. Quei lamenti e quei respiri lunghissimi, nostri. Le parole dentro gli occhi e tutte le dita che ricamavamo cerchi in aria. Cerchi immensi, cerchi che ti chiudono e non ti fanno uscire più. Cerchi che quasi quasi non torniamo a casa e moriamo qui. Ritrovo oggi il tuo segno nella parte sinistra del mio corpo. Non era previsto ma lo hai lasciato ed io lo custodisco, gelosamente, timidamente, per tutte le ore che saranno anche le tue in questa vita e chissà in quale altra.

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