foto di Jan Poloni Photography
Io in questa città non ci voglio
abitare e lo scrivo su un foglio di un diario che non voglio aprire
mai più.
Lo scrivo con la penna sulla pelle che
conosco, sulle righe che mi hanno illuso e salvato.
Io non voglio abitare nessuna città,
nessun luogo, nessun corpo.
C'è stato un tempo in cui, nel bosco,
le fiabe delle ossa risuonavano dolci.
C'è stato un luogo, un uomo, una storia.
C'è stato un luogo, un uomo, una storia.
C'era, quella volta, la mia vita unita
ad un'altra.
Lì, su quella collina, le mie
labbra hanno catturato l'aria innocente e i miei occhi hanno
accettato le albe più dure, quelle in cui ci si deve coprire con le
braccia, le gambe, la schiena e le unghie.
La nostra collina, in quelle sere, è
stata l'unica casa che ho accettato e i suoi occhi, i soli amanti che
ho desiderato.
La passione delle nostre mani cambiava
le stagioni.
Noi cambiavamo tutto.
L'inverno e l'estate.
Noi cambiavamo tutto.
L'inverno e l'estate.
C'era la nebbia e subito dopo la
pioggia.
E poi la neve e il caldo
insopportabile.
C'era la brina sulle foglie dei nostri
alberi.
E poi il sudore ghiacciato sulle nostre
nuche.
Lui, la mia musica, e io sdraiata su
quel cielo che avevamo scelto di difendere, insieme.
Su quel manto di cristallo e seta blu
gli ho donato la mia vita, il mio tempo, il mio spazio.
Ho perso, per quelle notti,
tutte le mie coordinate.
Oggi, senza di lui, io, non vivo più.
Io, oggi, in questa città non ci
voglio abitare
e maledetta sarà la mia anima
se la banalità di questi asfalti mi
catturerà
se i confini di queste mura mi
imprigioneranno
se le coperte mi proteggeranno dal
freddo
se la mia vita sarà vissuta comunque,
senza di lui.
Io
che sdraiata sul cielo
ho conosciuto il mio cuore.
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