Viaggio alla ricerca della parola più
difficile. Percorro strade sconosciute e mi affido alle righe degli
uomini che sono quello che hanno avuto il coraggio di scrivere. Mi
affido alle loro lettere, a loro che sanno dire il non detto con
l'inchiostro più semplice. Onestamente, devo dirlo, mi fido di
alcuni, pochi, pochissimi, tra questi. Cerco la mia parola, la più
difficile, la più sofferta e non la trovo. Su queste vie sento
echeggiare mondi lontani, città invisibili, dove Marco Polo disegna
per me i contorni di quelle vite che io non vivrò mai. Marco Polo.
L'uomo scelto dall'uomo che io ho scelto. Mi illudo, allora, che tra
questi vicoli, qualcuno stia aspettando di scegliere me e la mia,
ancora, banale parola. La conoscenza balla in piazza con l'esperienza
e se la ridono. Dovreste vederle. Se fossi meno vigliacca, meno
egoista, meno pigra, leggerei ovunque a qualsiasi costo. Leggerei e
non sarei mai sazia. Se fossi meno cosciente della mia malattia
adesso ballerei anche io al centro di questa inesistente città.
Marco Polo, mio amato, mia guida,
prescelto del mio prescelto, da te voglio sapere soltanto tre cose.
Esiste una città in cui regalano la
curiosità, dove questa non è data per scontata a tutti ma viene
concessa in caso di mancanza?
Esiste un luogo in cui la mia parola
possa avere il senso del nuovo senza la conoscenza del vecchio? Esiste
un posto in cui io possa essere senza essere stata?
Parla ora,
ti prego
parla.
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